Lunedì 25 Gennaio sono riuscita a partecipare alla conferenza che si è tenuta presso l'Istituto i cultura giapponese a Roma. La sala era gremita di persone, i 100 posti a disposizione erano tutti occupati e il restante di noi stava in piedi. In molti secondo me si aspettavano ricette di cucina giapponese, ma quelle sono presenti nel libro che il monaco Kakuhō Aoe ha scritto e pubblicato in italia nel 2014:
LA CUCINA DEL MONACO BUDDHISTA ( link al sito della casa editrice ).
In questa occasione ha avuto il ruolo di ambasciatore della otera gohan, il cibo del tempio, e nell'accezione più conosciuta la shojin ryori ( 精進料理 ) cucina tipicamente buddhista. Soprattutto ha voluto spiegare la filosofia che c'é dietro, insieme alle regole di estetica e non solo presenti in generale nella cucina tradizionale giapponese ( washoku ) . Perché sembra proprio che assaggiare la cucina locale sia il primo motivo di interesse del turista che visita il Giappone, secondo un sondaggio che ci ha illustrato.
In ogni modo quello che mi ha colpito più di tutti non è stato tanto il discorso sull' estetica, i 6 gusti tra i quali il tanmi ( l'equilibrato ) , il gusto del bello e la stagionalità applicata alle ricette giapponesi ed espressa con le disposizioni nei vari piatti, quanto la cura che il Tenzo (典座), il cuoco del tempio, pone nella preparazione. E anche il fatto che i piatti giapponesi non debbano mai essere ne frugali, ma nemmeno sfarzosi, che si ricerchi l'equilibrio e si apprezzi quando si mangia il lavoro non solo di chi l'ha preparato, ma anche quello di chi ha fatto crescere i vegetali ad esempio, di chi l'ha trasportato e via dicendo.
In ogni modo quello che mi ha colpito più di tutti non è stato tanto il discorso sull' estetica, i 6 gusti tra i quali il tanmi ( l'equilibrato ) , il gusto del bello e la stagionalità applicata alle ricette giapponesi ed espressa con le disposizioni nei vari piatti, quanto la cura che il Tenzo (典座), il cuoco del tempio, pone nella preparazione. E anche il fatto che i piatti giapponesi non debbano mai essere ne frugali, ma nemmeno sfarzosi, che si ricerchi l'equilibrio e si apprezzi quando si mangia il lavoro non solo di chi l'ha preparato, ma anche quello di chi ha fatto crescere i vegetali ad esempio, di chi l'ha trasportato e via dicendo.